In questo quadro, l’Italia è chiamata a destinare una quota significativa dei fondi complessivamente assegnati dal bilancio comunitario a progetti che contribuiscano a conseguire gli obiettivi climatici europei, segnatamente 7,9 miliardi sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per l’Italia (il 30% dei 26,34 miliardi complessivi) e, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dedica il 37,5% del totale, ovvero 71,7 miliardi, di cui circa 10,7 dedicati specificamente alle misure di adattamento.
L’Italia dispone, quindi, di importanti risorse per fronteggiare la sfida del cambiamento climatico ma si trova a dover affrontare diversi ostacoli che rallentano l’attuazione degli interventi, che possono essere identificati in barriere amministrative, informative e finanziarie, rimovibili, però, attraverso una combinazione di soluzioni.
In primo luogo, risulta impellente il superamento della barriera amministrativa dovuta agli stalli burocratici che ostacolano i processi di attuazione delle politiche e delle misure nazionali, nonché allo scarso coordinamento e pianificazione tra i diversi livelli amministrativi. Nello specifico, l’Italia deve approvare definitivamente il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), ancora fermo dopo la fase di Valutazione Ambientale Strategica avviata dal governo alla fine dello scorso anno dopo la tragedia di Ischia. Inoltre, a seguito della proposta di aggiornamento inviata alla Commissione europea del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), entro giugno 2024 deve essere approvato in via definitiva il nuovo testo del Piano aggiornato. A tal proposito, è estremamente importante che a livello locale, regioni e comuni, si dotino di strategie e piani di adattamento in concerto con il PNACC e il PNIEC.
Il secondo ostacolo è di carattere informativo, ossia la scarsa e frammentata presenza di dati a livello regionale e locale e la poca granularità di quelli presenti rispetto ai diversi eventi climatici, alle vulnerabilità e agli impatti socio-economici. La mancanza di questo tipo di informazioni complica il processo di stima degli investimenti necessari per la pianificazione degli interventi di adattamento. I portali o piattaforme web istituzionali che raccolgono informazioni a livello nazionale, regionale e locale sul cambiamento climatico e sull'adattamento al cambiamento climatico rappresentano un canale eccellente per diffondere informazioni rilevanti. Queste piattaforme dovrebbero essere collegate ai portali esistenti sulle politiche settoriali (ad esempio, riduzione del rischio di catastrofi, gestione dell'acqua, salute, biodiversità, ecc.) per promuovere l'inclusione del clima come tema trasversale. Sviluppare un portale nazionale sull’adattamento al cambiamento climatico potrebbe figurare come una buona pratica
Infine, per quanto riguarda le barriere finanziarie, si registra uno scarso coinvolgimento di capitali privati negli investimenti per l’adattamento climatico, a causa dei lunghi tempi di ritorno e dei bassi rendimenti degli investimenti relativi. In questa condizione, il ruolo di motore dello Stato è fondamentale, concependo misure di incentivazione di investimenti privati attraverso defiscalizzazione di interventi di adattamento, interventi a capitale misto pubblico-privato, finanziamenti a fondo totalmente o parzialmente perduto, alimentati dalle risorse richiamate sopra.
Oltre a queste soluzioni preventive, che mirano a mitigare le conseguenze delle catastrofi climatiche, si possono identificare delle soluzioni compensative, come le assicurazioni contro i rischi climatici, che predispongono risarcimenti per soggetti che subiscono danni da eventi estremi. Tuttavia, secondo il Report “2023 Global Insurance Outlook” redatto da EY, in Italia l’89% delle perdite dovute a catastrofi naturali non è coperto da soluzioni di assicurazioni o re-assicurazioni diffuse. La scelta di assicurarsi con una copertura contro i danni da catastrofi naturali pare venir meno di fronte all’aspettativa di un intervento da parte del Governo a posteriori.
Solo i clienti più esposti a situazioni di rischio sono incentivati a stipulare le polizze per tutelarsi. In assenza dell’introduzione dell’obbligatorietà per legge e di una collaborazione con il settore pubblico per implementare strategie di condivisione del rischio, come ad esempio le re-assicurazioni, la selezione avversa disincentiva gli operatori del settore dall’offrire autonomamente soluzioni assicurative vantaggiose contro gli effetti dei cambiamenti climatici.
Per questi motivi le compagnie assicurative stanno mettendo in atto varie soluzioni che puntano ad affrontare il problema in maniera multidimensionale. Per esempio, fornendo informazioni e consigli trasparenti per ridurre i pericoli, l'esposizione, la vulnerabilità e l’impatto, offrendo polizze a prezzi variabili dell'assicurazione che creano incentivi per gli assicurati a mitigare i rischi e utilizzando tecnologie sempre più all’avanguardia per la raccolta e l’analisi dei dati. È importante, quindi, incentivare il dialogo e la collaborazione tra il settore pubblico e privato per favorire la diffusione polizze assicurative o re-assicurative per proteggere privati e aziende, abbattere il rischio di selezione avversa per le compagnie assicurative e aumentare la resilienza del sistema-paese ai cambiamenti climatici.
I pesanti impatti economici derivanti dalla manifestazione di eventi climatici estremi giustificano l’impegno di risorse ingenti, secondo una logica organica. Alcuni spunti, come quelli riportati di seguito, potrebbero essere inclusi nella policy agenda delle Amministrazioni centrali, regionali e locali nei prossimi mesi.
- Sul fronte della pianificazione, una volta approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), sarà necessario procedere all’adeguamento di tutti i Piani urbanistici e territoriali a ogni livello, in modo che le logiche del PNACC scendano dal livello nazionale a quello locale.
- Sul fronte attuativo, sarà necessario procedere alla costruzione di un piano finanziario che identifichi azioni e allocazioni specifiche, nonché di un sistema di indicatori che permettano di monitorare l’avanzamento degli interventi, i risultati in itinere e una valutazione di impatto a scadenze determinate.
- Gli interventi fisici non dovranno essere solo technology based, ovvero rappresentati da infrastrutture, ma anche nature based, ovvero andando “incontro” alla Natura e non più “contro”.
- Agli interventi fisici dovranno essere accostati investimenti sulla formazione del personale della Protezione Civile e delle Amministrazioni locali, ma pure di professionisti impegnati nella progettazione urbanistico-territoriale, di cittadini in senso lato.
- Secondo una logica estesa di partenariato pubblico-privato, la collaborazione tra le due sfere potrà concretizzarsi, da un lato, nella selezione di investimenti di interesse comune, dall’altro, nella costruzione di processi partecipati nei quali a ciascun ambito sia assegnato un ruolo specifico (es. nella realizzazione o riconfigurazione di aree industriali e commerciali)
- Con il mondo del credito e dell’assicurazione, si potranno identificare policy che orientino risorse verso progetti virtuosi, in linea con direttive e regolamenti europei, in modo da predisporre incentivi pubblici e privati per ogni attore, cittadini, amministrazioni pubbliche e imprese.
In quest’agenda, non dovrebbe essere dimenticato il ruolo della scuola. La sensibilità delle nuove generazioni ai problemi ambientali, infatti, se rafforzata con percorsi specifici di istruzione, può diventare un’occasione di rifondazione di una cultura di uso del territorio che ci sta mostrando tutti i suoi limiti e presentando un conto salato.