Andamento demografico: in calo il tasso di natalità, che nel 2022 ha raggiunto il nuovo record minimo, e fecondità in Italia
La demografia occupa un ruolo di primaria importanza nel definire l’andamento economico di un Paese. L’andamento demografico è principalmente caratterizzato da tendenze di lungo periodo, nonostante eventi di breve termine - quali la Brexit o la guerra tra Russia e Ucraina - possano influenzarne positivamente o negativamente l’andamento stesso. Uno dei principali canali attraverso il quale gli eventi sopra citati possono influenzare l’andamento demografico è attraverso una riduzione dei flussi migratori. Si pensi a questo proposito alla maggiore complessità dell’attività migratoria dovuta all’introduzione di nuove regole (Brexit) o ai maggiori flussi migratori dovuti alla guerra in Ucraina, che si riflettono in uno spostamento di famiglie ucraine verso paesi più sicuri e socialmente stabili. In riferimento alla pandemia, invece, questa ha comportato una riduzione delle aspettative di vita in Europa e nel resto del mondo.[1] In Italia l’aspettativa di vita segue una traiettoria in crescita dal 1985, con la sola eccezione significativa rappresentata dalla pandemia. Le attese di vita in Italia prima della pandemia (2019) erano di quasi 84 anni (circa 82 nel 2020 e 83 nel 2021) contro circa 82 in Eurozona e 81 nell’Unione Europea. A questo fenomeno si aggiunge inoltre un tasso di fecondità totale[2] in calo dal 2009-2010 in tutta Italia (1,25 al 2021 contro 1,44 negli anni 2009-2010 nella penisola), anche se con dinamiche differenti a seconda delle macro-regioni considerate. Il calo sempre maggiore del tasso di fecondità totale si lega a sua volta un saldo naturale (differenza tra numero di nascite e decessi) in calo in Italia, che negli ultimi anni ha segnato valori negativi crescenti (circa -310.000 il saldo naturale nel 2021 e -214.000 nel 2019, contro una media di -66.000 tra il 1999 ed il 2019).[3] In calo anche il tasso di natalità (ovvero rapporto tra il numero dei nati vivi dell'anno e l'ammontare medio della popolazione residente), che negli ultimi venti anni è passato da 9,4% nel 2002 al 6,7% nel 2022 (nuovo record minimo), con un picco tra il 2004 ed il 2008. Questa tendenza al ribasso ha interessato la penisola nel suo complesso, senza registrare particolari differenze tra le macro-regioni italiane. L’insieme di questi indicatori e di queste dinamiche (saldo naturale negativo, tasso di fecondità in calo, saldo migratorio positivo ma in calo negli ultimi anni) si riflettono in una riduzione della popolazione complessiva in Italia, che è attesa essere di circa 48 milioni di persone nel 2070, dopo aver raggiunto il picco di circa 61 milioni nel 2014.
Lo scenario globale: crescita e inflazione in leggero calo nel 2023, politica monetaria ancora restrittiva
La crescita mondiale è attesa rallentare leggermente nel 2023 al 2,8%, dopo il 3,4% registrato nel 2022, per poi accelerare nuovamente a 3,0% nel 2024, valore ancora inferiore alla media 2000-19 (3,8%). L’inflazione globale è attesa ridursi al 7,0% nel 2023, dall’8,7% registrato nel 2022. Il livello rimane molto più elevato rispetto alla media storica 2000-2019, vicino al 4%. Le attese di un’inflazione più contenuta riflettono il calo dei prezzi dell’energia, un alleggerimento delle pressioni sulle catene di fornitura e l’azione energica e coordinata delle banche centrali mondiali. La politica monetaria globale continua a rimanere generalmente restrittiva, con alcune eccezioni: da un lato la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, ha mantenuto i tassi di interesse di riferimento di politica monetaria stabili nell’ultimo meeting del 14 giugno. Più espansiva la Banca Centrale Cinese (PBoC), che ha ridotto i propri tassi di interesse di riferimento. Queste dinamiche potrebbero anticipare dei cambiamenti nel breve-medio periodo della politica monetaria anche nell’Eurozona.
Lo scenario europeo: l’inflazione nell’Eurozona e in Italia rimane elevata, ma in discesa rispetto ai mesi precedenti
La politica monetaria ancora restrittiva della BCE sta influenzando la dinamica dei prezzi, in rallentamento (al 6,1% a maggio 2023 dal 7,0% ad aprile), ma anche l’attività economica, in rallentamento in particolare nel manufatturiero. La politica monetaria sta avendo anche un impatto sul credito bancario. Diversi indicatori mostrano come dall’inizio della stretta monetaria i prestiti bancari sono andati riducendosi, e come le intenzioni dei diversi attori (banche, famiglie e imprese) non siano in miglioramento nei prossimi mesi. Gli indicatori macroeconomici ad alta frequenza mostrano delle prospettive di rallentamento per il quadro europeo. L’indice PMI manifatturiero è in peggioramento per i principali paesi dell’Eurozona (Germania, Francia, Italia, Spagna), mostrando valori sotto la soglia di espansione. Dall’altra parte l’indice PMI relativo ai servizi rimane sopra la soglia di riferimento (ad eccezione della Francia), ma mostra un calo significativo negli ultimi mesi. La stretta monetaria contribuisce quindi ad un rallentamento dell’attività economica attraverso il canale creditizio nell’Eurozona, dove il PIL è atteso crescere dello 0,9% nel 2023 secondo le ultime previsioni della Banca Centrale Europea (0,8% invece le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, come mostrato all’inizio del documento), ovvero 0,1 punti percentuali in meno rispetto a quanto previsto dalla BCE a marzo 2023.[4] A pesare sulla revisione della previsione sono in particolar modo le prospettive relative ai consumi (che passano da una crescita prevista a marzo dello 0,7% per il 2023 ad una crescita dello 0,2%), in parte compensati da un contributo positivo maggiore della domanda estera e riduzione delle importazioni. La crescita delle esportazioni per il 2023 passa infatti da una previsione del 3,4% al 2,7%, mentre le importazioni passano da 3,0% a 1,4%, il che da un lato si traduce in un maggiore contributo positivo della domanda estera, e dall’altro mostra un commercio internazionale in rallentamento.
La crescita nelle maggiori economie dell’Eurozona
Analizzando i principali indicatori congiunturali, si nota come le maggiori economie europee continuino a sperimentare una situazione economica molto complessa. Nel primo trimestre del 2023, infatti, l’Eurozona ha registrato una crescita negativa rispetto al trimestre precedente, simile a quella registrata nel quarto trimestre del 2022 (-0,1%), entrando così in recessione tecnica. Leggermente migliore la situazione in Francia, con una timida crescita (+0,2%), mentre si registra una performance negativa per la Germania (-0,3%) che si aggiunge al dato negativo del quarto trimestre 2022 (-0,5%). Migliore invece il dato relativo all’Italia, con una crescita del PIL rispetto al trimestre precedente pari allo 0,6%. A frenare nell’Eurozona sono stati principalmente i consumi delle famiglie, con una contrazione del -0,3%. Consumi in contrazione in particolare per la Germania (-1,2%) e per la Spagna (-1,3%). Un’analisi di più ampio respiro mostra, inoltre, come in generale i livelli di PIL dei paesi dell’Eurozona non siano ancora tornati sui valori pre-pandemia.