Investimenti in crescita, con il settore dei pagamenti che rimane dominante
Dalla survey realizzata da EY – in collaborazione con il Fintech District – è emerso che il settore dei pagamenti è quello che ha raccolto più fondi (in linea con la grande crescita ottenuta dai primi due unicorni fintech italiani, Satispay e Scalapay), seguito dalle neobank (aziende tecnologiche che forniscono servizi bancari di nuova generazione).
In tema di stadio di sviluppo, le fintech in fase Early Stage si sono ridotte del 25%, mentre sono aumentate quelle in fase Early Growth (37%), testimoniando una sostanziale crescita ed evoluzione dell’ecosistema italiano verso situazioni più mature.
Per quanto invece attiene al fatturato annuo, dall’analisi emerge che il 24% delle fintech intervistate (contro il 9% del 2020) ha un fatturato superiore ai 5 milioni di euro e che da sole rappresentano il 97% dei fondi raccolti. Allo stesso tempo sono diminuite dal 62% al 41% le fintech che fatturano meno di 500 mila euro l’anno. Quasi la metà (44%) delle fintech intervistate mostra una valutazione post-money superiore ai 10 milioni di euro.
Riguardo alle fonti di finanziamento, più del 17% degli intervistati (quasi il doppio rispetto al 2020) ha affermato di fare affidamento principalmente su fondi di Venture Capital internazionali, il cui ruolo si è consolidato a riprova del crescente interesse degli operatori internazionali per il mercato fintech italiano. Anche il minore affidamento sulle risorse finanziarie personali, passato dal 24% al 15%, testimonia una maggiore maturazione del settore, che cerca un funding strutturato per una crescita solida e una maggiore competitività. Riguardo ai prossimi round di investimento, il 32% delle startup fintech guarda con interesse agli operatori internazionali di VC, per un desiderio sia di espansione internazionale sia di crescita del business.
È interessante notare che, sebbene M&A e IPO siano le exit strategy preferite rispettivamente dall’45% e dal 31% degli intervistati, in Italia si sono verificate poche operazioni di questo tipo. Si evince dunque che molti attori non hanno una visione chiara della strategia futura; infatti, il 7% del campione (era l’1% nel 2020) – anche alla luce dell’attuale scenario macroeconomico – dichiara di non avere alcuna exit strategy.
Persone e competenze, cuore e motore delle fintech italiane
Il capitale umano è l'asset principale che gli investitori valutano quando considerano una nuova opportunità. Dalla ricerca realizzata da EY in collaborazione con il Fintech District emerge che il numero medio di dipendenti per startup è 55, ma il 43% è formata da team che vanno da 1 a 10 persone, mentre solo il 12% conta da 100 a 800 dipendenti. Nell'86% dei casi, i team sono composti per oltre il 50% da uomini. Tuttavia, quasi la metà del campione (46%) mostra un discreto livello di diversità di genere, con una percentuale di donne compresa tra il 30% e il 50%. La fascia d'età media dei membri del team è 27-32 (53%), seguita dalla fascia 32-40 (36%), il che conferma il dato della prima edizione sulla composizione giovane delle fintech italiane. Business e IT si confermano i percorsi accademici più comuni per i team delle fintech italiane, mentre i background umanistici rappresentano solo il 6% dei team.
Il 97% delle fintech prevede di assumere nuovi talenti nei prossimi 12-24 mesi. I profili più richiesti rientrano nelle categorie sviluppo software/app (68%) e sviluppo business (42%). Il 61% delle fintech italiane ritiene che il mercato sia carente di talenti con competenze specifiche: gli sviluppatori di software/app (55%) risultano essere i più difficili da trovare, seguiti da esperti di machine learning e analisti di dati (38% e 31%).
Compliance, priorità chiave per le fintech
L'attività di compliance riveste un ruolo cruciale per chi vuole operare e crescere nel settore dei servizi finanziari. Non stupisce quindi che l’87% delle fintech intervistate dichiari di avere una specifica figura dedicata al Risk & Compliance (contro il 74% del 2020). Nel 56% dei casi il responsabile è un dipendente, mentre il 31% affida il ruolo a una figura esterna. Entrambi i dati rappresentano la crescente attenzione riservata alle attività di Risk & Compliance. Un altro aspetto da sottolineare riguarda l’utilizzo della Sandbox regolamentare introdotta da Banca D’Italia nel 2021 allo scopo di fornire ai player innovativi un ambiente protetto per la sperimentazione in accordo ai requisiti regolamentari. Ad oggi solo il 5% del campione dichiara di aver beneficiato della Sandbox e il 55% si è detto non interessato (il restante 40% non ha potuto accedervi per mancanza di requisiti).