Investire in Italia. Ma come? Previsioni sul 2024

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Il digital talk EY, in collaborazione con Il Foglio, ha tracciato la direzione per il futuro, tra uno scenario macroeconomico in trasformazione e le priorità dei manager

Investire sì, ma come? Spesso, in Italia, classe dirigente, manager e imprenditori si pongono questo quesito. Perché se da un lato è vero che l’Italia ha bisogno (e voglia) di premere sempre più sull’acceleratore, dall’altro troppo spesso si incontrano delle difficoltà nella messa a terra. Ecco che dunque diventa di notevole rilevanza provare a rivolgere lo sguardo al futuro, con rigore, per comprendere quelle che sono le aspettative ma anche le opportunità per il nostro Paese.

Dove ci ha portati il 2023? Dove vogliamo andare nel 2024? Come aumentare l’attrattività del nostro Paese? Quali aree subiranno le maggiori trasformazioni? Queste le principali domande che hanno contraddistinto l’incontro organizzato da EY Italia in media partnership con Il Foglio, moderato dal direttore Claudio Cerasa. Rappresentanti delle istituzioni e del mondo dell’impresa si sono riuniti per fare un bilancio dell’anno passato e tracciare la traiettoria per il 2024.
E proprio per riuscire a delineare il quadro all’interno del quale Paese, aziende e persone si muoveranno, diventano centrali i dati, presentati in apertura dell’evento da Marco Daviddi, Managing Partner Strategy and Transactions di EY Italia e Mario Rocco, Valuation, Modelling and Economics Leader di EY Italia.

EY CEO Outlook Pulse: le aspettative di manager e aziende

Il primo elemento ad emergere è che i CEO italiani sono ottimisti sulle prospettive economiche per il 2024: il 66% si aspetta una crescita dei ricavi e il 52% una crescita della profittabilità. Data però la complessità del contesto prevale un atteggiamento di cauta consapevolezza, con il 94% degli intervistati che dichiara di avere piani di backup, soprattutto concentrati sull’ottimizzazione dei costi.

Nonostante questo ottimismo prevalente, sono tre i rischi maggiormente percepiti: la volatilità e l’incertezza sui mercati (88%), i cambiamenti normativi e le pressioni dei regulator sulle tematiche ESG (84%), i temi geopolitici e le conseguenti barriere commerciali (82%). A questi però, se ne aggiunge uno che sarà oggetto di grande dibattito, ovvero la cosiddetta digital disruption che, per l’88% degli intervistati, avrà un rilevante impatto sulle performance aziendali. A tal proposito emerge una nuova consapevolezza: se finora le tecnologie digitali erano viste come abilitatori delle strategie aziendali, ora sono percepite come vero e proprio elemento rilevante nella definizione dei modelli di business stessi.

I tempi però sono stretti: oltre il 70% degli intervistati ritiene che la cosiddetta Gen AI entro i prossimi 5 anni avrà un impatto significativo sulla creazione dei ricavi e sulla definizione dei modelli organizzativi ed operativi, con la conseguente necessità di accelerare sugli investimenti connessi al reskilling della forza lavoro e alle attività di ricerca e sviluppo.

Emerge tuttavia una differenza tra le aziende italiane e quelle degli altri Paesi presi in considerazione dall’indagine: circa i due terzi delle aziende italiane sono in una fase che abbiamo chiamato di sperimentazione e ottimizzazione, mentre solo un terzo (contro quasi la metà a livello global) ha sviluppato una strategia integrata che sta mettendo concretamente in pratica.

Dalla survey, inoltre, emergono alcuni elementi che stanno impattando sulla velocità con cui intraprendere questa trasformazione: in particolare, la consapevolezza che gli investimenti siano elevati ma il ritorno si vedrà in un orizzonte temporale medio-lungo, l’incertezza su quali soluzioni adottare, la poca chiarezza sulle regole del gioco e, su tutte, la difficoltà di comprendere, per ora, come questo percorso impatti sulla forza lavoro e le possibili conseguenze sociali.

D’altronde siamo di fronte ad uno scenario di grande trasformazione e il tema degli investimenti è cruciale. Solo capendo dove e come farlo si potrà davvero impattare nel profondo sulla nostra capacità di crescita come sistema industriale e come Paese.


EY Italian Macroeconomic Bulletin: scenario e previsioni macroeconomiche

EY Italian Macroeconomic Bulletin

La seconda ricerca EY presentata durante il corso dell’evento ha delineato uno scenario macroeconomico piuttosto chiaro con una previsione di crescita del PIL per l’intero 2023 al +0,7%. 
Per il 2024 il modello macroeconomico stima una crescita dello 0,6%, caratterizzato da un buon supporto dei consumi delle famiglie, che confermeranno la loro dinamica positiva anche grazie alla crescita del numero degli occupati e delle esportazioni nette. Viene confermata, inoltre, la centralità del PNRR per la crescita e l’importanza dell’esecuzione del piano così come programmato, che continua a spingere gli investimenti pubblici. Ma rileviamo come l’andamento in contrazione degli investimenti privati, previsti in lieve contrazione, continui a pesare sulla crescita anche nel 2024.

Ed è proprio quest’ultimo l’elemento su cui concentrare l’attenzione per dare anche delle risposte circa le difficoltà di crescita del sistema Paese. Secondo le stime di EY, gli investimenti vedranno una crescita complessiva degli stessi per il 2023 allo 0,1%, seguita poi da una leggera contrazione nel 2024 (-0.2%). È importante considerare che la maggior parte degli investimenti totali nell’economia italiana provengono dal settore privato (circa il 19% del PIL, contro il 2.5-3% degli investimenti pubblici). In questo contesto, gli investimenti in beni intangibili, che rappresentano sempre più un elemento chiave e distintivo delle imprese per mantenere la competitività delle stesse sul mercato, continuano a crescere, anche se l’ammontare complessivo rimane ancora ridotto rispetto al totale degli investimenti e quindi il loro “effetto traino” è nel complesso ancora poco rilevante.

Le previsioni EY per l’inflazione sono di una riduzione dal 5,6% del 2023 al 2,3% del 2024. In relazione all’inflazione, il suo andamento decrescente atteso nella prima parte dell’anno potrebbe ragionevolmente condurre ad un progressivo allentamento della stretta monetaria a partire dal secondo trimestre.

Investimenti privati e consumi sono strettamente connessi alle aspettative. Maggiore la fiducia maggiore la propensione. Gli investimenti privati nel nostro Paese, poi, sono storicamente legati alla presenza di incentivi. Basti pensare che dal 2020 al 2022 in Italia sono passati dal 16% al 19% del PIL allineandosi alla media dell’Eurozona partendo dall’ultimo posto rispetto a Francia, Germania e Spagna, ma determinando un incremento del debito pubblico e minando la possibilità di avere delle politiche fiscali ulteriormente espansive e finalizzate alla soluzione di un grande tema, come quello dei salari.

In questo momento è più che mai necessario però che tra gli imprenditori si diffonda un approccio coraggioso per continuare a investire in ricerca e nuove tecnologie per accelerare la crescita del Paese che senza questa propulsione rischia di essere molto modesta. Ricordiamo che il PIL dal 1900 a oggi in Italia è cresciuto di circa 20%, la performance più bassa in Europa. Confrontando il PIL nei paesi sviluppati come USA, dal 1900 a oggi è cresciuto del 110%. la Francia è cresciuta il 60% e la spagna dell’80%.
Per dare una sterzata decisiva in tal senso non si potrà fare a meno di imprenditori coraggiosi e fiduciosi che scommettano nel futuro e nelle nuove tecnologie.


EY M&A Barometer: scenario e previsioni sul mercato M&A

Gli ultimi numeri presentati sono stati quelli contenuti nell’EY M&A Barometer. Si stima che il numero di operazioni di M&A con target in Italia si attesterà per il 2023 intorno a 1.200-1.300, sostanzialmente in linea con il 2022, ma circa il doppio rispetto a quanto usualmente registrato sul mercato negli anni pre-covid.

Dal punto di vista dei volumi di investimento, la stima è che il 2023 chiuderà verso un totale di 55-60 miliardi di euro, in decrescita significativa (-40%) rispetto al 2022. Va detto però che si tratta di un dato in linea con la media dei cinque anni precedenti la pandemia e trova spiegazione nel fatto che il clima di incertezza che abbiamo vissuto e stiamo vivendo ha determinato scelte di investimento più prudenti, con dimensione media dei deal più contenuta.

Rimane invece solido il trend che riguarda l’attività di investimento delle aziende italiane nei mercati esteri, con oltre 270 operazioni stimate a fine 2023, con un investimento complessivo di poco inferiore a 15 miliardi. Ed è senz’altro un dato positivo, perché il complesso contesto geopolitico sta mettendo in crisi alcuni equilibri consolidati nel tempo, e per le aziende questo vuol dire, ad esempio, ridefinire i mercati target in cui operare, riorganizzare gli approvvigionamenti di materie prime e prodotti e affrontare nuove sfide tecnologiche.

In breve, nonostante le difficoltà, si è continuato ad investire. E in questo contesto il Private Equity è cresciuto ulteriormente di rilevanza: le stime evidenziano che l’incidenza dei deal trainati dai fondi, direttamente o tramite le cosiddette portfolio company, ovvero le aziende dove hanno investito, supererà quota 40% del totale a fine anno, con oltre 500 operazioni.

Arriviamo poi alle previsioni per il 2024, dove ci sono diversi elementi che fanno prefigurare un andamento dell’attività M&A solido. Innanzi tutto, la liquidità presente nel sistema continua ad essere elevata e ci si aspetta un rallentamento delle politiche restrittive delle banche centrali, e al contempo i consumatori, seppure attenti, esprimono fiducia e i consumi sono in crescita. Dopo tre anni certamente non ordinari, i “numeri” delle aziende si stanno normalizzando, così come le attese dei venditori, permettendo una più semplice e veloce composizione negoziale. Ma non tutti i settori sembrano in grado di esprimere gli stessi trend.

Ci si aspetta che il settore Industrial continui ad assorbire una quota rilevante della market share M&A in Italia con gli indicatori che suggeriscono una ripresa dell’attività nel settore Consumer, molto penalizzato negli ultimi 18 mesi dalle incertezze circa la propensione agli acquisti delle famiglie. Inoltre, si prevede che il settore Energy, sulla spinta della transizione energetica, continui ad attirare risorse, con un ruolo crescente del Private Equity anche in questo caso. Il settore Life Science & Healthcare, dopo il boom durante il periodo della pandemia, ha trovato una sua stabilità che potrà continuare anche nel 2024, mentre il settore Technology e in generale quello TMT che nel 2023 hanno vissuto una rilevante contrazione potrebbero proseguire nel trend negativo anche nel 2024.

L’Italia nel mondo: il punto di vista delle istituzioni

È proprio su questi presupposti, che è intervenuto il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani.

Secondo il Ministro, infatti, la principale leva per attrarre nuovi investimenti e rafforzare quelli esistenti è la cosiddetta diplomazia della crescita, caratterizzata dal “saper fare italiano” che nel 2024 potrà ulteriormente espandersi in nuovi spazi di mercato. Al contempo c’è bisogno di continuare a lavorare per aumentare l’export del nostro Paese (che oggi rappresenta circa il 40% del PIL), e per farlo c’è urgente necessità di dare alle PMI gli strumenti per guardare sempre più al mercato estero.

Anche le istituzioni, in questo scenario, avranno un ruolo decisivo grazie alle grandi riforme: garantire stabilità e sicurezza, snellire una burocrazia che disincentiva gli investimenti e ritarda l’attività imprenditoriale, mettere mano ad una giustizia (nello specifico civile) che molto ha a che vedere con le scelte di investimento delle aziende e infine continuare nella direzione di ridurre la fiscalità (nonché armonizzarla a livello europeo).

Tornando all’export, poi, il Ministro si è soffermato sulla scelta di non rinnovare l’accordo con la Cina sulla Via della Seta considerato svantaggioso per l’interscambio commerciale, nonché sulla necessità da parte dei Paesi democratici di dedicare energie e risorse alla difesa del proprio tessuto economico ma senza mai dimenticare che l’economia deve essere al servizio della persona, mantenendo i valori dell’Occidente.

Il 2024 in 365 secondi. Il nuovo format EY-Il Foglio

La parola è passata poi ai rappresentanti del mondo accademico e delle aziende che, attraverso il format “Il 2024 in 365 secondi” ideato da EY con Il Foglio, hanno raccontato le loro aspettative per il 2024.

Mauro Lusetti, Presidente Conad, ha acceso i riflettori sulla necessità di fare rete e stringere alleanze tra le imprese e le filiere, oltre alla necessità più ampia da parte degli operatori coinvolti di attuare politiche che incentivino lo sviluppo.

Paolo Barletta, CEO & Founder Arsenale Group, invece, ha sottolineato la necessità da parte del Paese di accelerare sugli interventi strutturali che garantiscano ancora più stabilità, sia sul lato delle riforme, sia da un punto di vista infrastrutturale.

Giuseppe Donvito, Partner di P101 e presidente Italian Tech Alliance, ha tenuto il punto sul grande tema dell’innovazione come driver fondamentale per la crescita e per aumentare l’attrattività dell’Italia.

Monica Iacono, CEO Engie Italia, ha esplorato l’altro grande tema della transizione energetica ed ecologica che diverrà sempre più centrale anche con la necessità di regole e policy chiare nelle sue attuazioni.

Roberto Golinelli, Professore Ordinario di EconometriaDipartimento di Scienze Economiche, Università di Bologna, infine, ha parlato dell’importanza degli investimenti in ricerca e sviluppo per la crescita delle aziende e del Paese.


L’Italia nel mondo: il punto di vista delle Imprese

L’incontro è proseguito poi con un panel che ha dato la parola alle imprese, protagoniste indiscusse di ciò che verrà nel 2024.

Diego Bolzonello, Amministratore delegato SCARPA, “multinazionale tascabile” leader mondiale in attrezzature tecniche, si è concentrato la necessità di sostenere l’internazionalizzazione delle PMI (che formano il 90% del tessuto imprenditoriale italiano), driver nevralgico per lo sviluppo. In particolare, questa internazionalizzazione passerà dal rafforzamento delle catene di supply chain per permetterne uno sviluppo estero, oltre che nazionale, e dalla capacità delle imprese di aprirsi al mondo intercettando anche l’Intelligenza Artificiale. Per le aziende, infatti, diventerà sempre più centrale in quei mercati in cui si ricorre sempre meno alla vendita nel negozio fisico, a beneficio del virtual shop, dando la possibilità di intercettare sempre più consumatori interessati al prodotto con nuove tecniche e capacità di analisi.

Di innovazione ha parlato anche Silvia Candiani, VP Media e Telecomunicazioni Microsoft Corp., concentrandosi sulle opportunità, ma anche sugli ostacoli per crescere nell’anno che verrà. A tal proposito un punto di forza sarà senz’altro la creatività. In un mercato che sempre più andrà incontro a standardizzazione e automazione dei processi proprio grazie all’IA, tante aziende italiane d’eccellenza ma di piccole dimensioni dovranno rafforzare il processo creativo, che permetterà loro di caratterizzarsi e di assumere ancora più rilevanza. In questo scenario, però, fondamentale sarà anche la capacità del sistema Paese di dimostrare un’intenzionalità in politiche e investimenti che vadano proprio in una direzione innovativa e tecnologica, tanto nella PA quanto nel privato. Facilitazioni e incentivi saranno una leva indispensabile per consentire alle aziende di investire risorse e per permettere la nascita di nuove realtà e startup.

Fabrizio Testa, CEO Borsa Italiana, ha poi spiegato come l’Intelligenza artificiale abbia a che fare anche con il mercato borsistico, in particolare come elemento caratterizzante nella richiesta di trovare finanziamenti da parte degli operatori economici (aspetto sul quale ancora siamo in ritardo rispetto ai competitor internazionali). L’IA consentirà infatti sia di aumentare l’efficienza dei processi sia di accelerare progetti di analisi e testing per nuovi prodotti, ma sarà anche in grado di dare un forte contributo allo sviluppo di nuovi prodotti.
Questi aspetti, poi, si inseriscono in un contesto previsionale più ampio evidenziato dal numero uno di Borsa Italiana che non sarà negativo come alcune previsioni stimavano. Nel 2023 l’indice principale ha ottenuto un aumento di quasi il 30% e lItalia è stata capace di posizionarsi al primo posto in Europa per numero di aziende, soprattutto medio-piccole, entrate in Borsa (+10% di ingressi con media europea del -8%).

Mariangela Marseglia, Vice President Country Manager Italy and Spain Amazon, infine, ha portato un punto di vista differente concentrandosi sulla necessità dell’Italia di esplodere il proprio potenziale in tema di digitalizzazione delle imprese (per il quale siamo ancora all’ottavo posto in Europa). In un’economia globale, infatti, la dimensione ridotta delle imprese italiane non è necessariamente un fattore di vantaggio ed è solo creando rete (anche con le grandi realtà e con il mondo accademico) che potremo crescere.
Sull’innovazione, poi, c’è un tema di grande rilevanza: a livello europeo la regolamentazione è forte, il che è positivo, ma al contempo c’è necessità di incentivi e contesti che favoriscano gli investimenti in tal senso. E per farlo servirà sfruttare la caratteristica fondante dell’Europa, ovvero il mercato libero così che riesca ad armonizzare le scelte tecnologiche dei Paesi, altresì semplificandone i processi di investimento.

L’anno che è passato, l’anno che verrà: le conclusioni

A chiudere la mattinata, tirando le fila dell’evento, è stato Massimo Antonelli, CEO di EY Italia.
Ad oggi l’Italia è un Paese che, al netto di molte narrazioni negative, è in salute e che nell’ultimo anno ha dimostrato responsabilità e pragmatismo. E a raccontarcelo ci sono diversi indicatori. Nonostante le difficoltà, l’Italia chiude il 2023 in positivo: PIL in crescita dello 0,7%; inflazione in calo al 5,6% (rispetto all’8% circa del 2022); circa 1.250 operazioni di M&A (per un volume compreso tra i 55 e i 60 miliardi di euro), a dimostrazione della vitalità del tessuto imprenditoriale.

Il 2024 rimarrà volatile e instabile e dovremo fare i conti con alcune situazioni oramai strutturali come l'ulteriore frammentazione dell'economia globale, con spinte protezionistiche che potranno creare una maggiore concorrenza tra Paesi, quanto meno per quanto attiene ai settori strategici.

Ma c’è anche una notevole fiducia: il 66% degli amministratori delegati italiani si aspetta una crescita dei ricavi e il 52% si attende una crescita della profittabilità nel 2024. Le aziende del Paese sono consapevoli della necessità di innovare e adattare le proprie strategie per rispondere alle sfide del futuro, su tutte quella portata dall’impiego delle nuove tecnologie: più del 70% degli intervistati ritiene infatti che l’impatto dell’IA non solo sarà molto rilevante e determinerà un ripensamento e un cambiamento delle strategie aziendali, ma diventerà un elemento cruciale nella stessa definizione dei modelli di business.

Per mantenere una linea positiva e crescere al ritmo che questo Paese merita non basta seguire le mode del momento: bisogna investire con coraggio e strategia sui motori delle competenze, tecnologia e sostenibilità.
A partire dalle aziende che oltre a essere un elemento di stabilità del sistema sono da sempre anticipatori del cambiamento e oggi sono chiamate a essere punto di riconnessione tra persone, tecnologia e pianeta.

(A questo link è possibile rivedere l'evento)

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Il digital talk EY, in collaborazione con Il Foglio, ha tracciato la direzione per il futuro, tra uno scenario macroeconomico in trasformazione e le priorità dei manager