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A che punto sono le aziende italiane rispetto alla sostenibilità? Un quadro della situazione è stato tracciato nel corso dell'EY Sustainability Summit, un momento di confronto con gli imprenditori di diversi settori su temi prioritari per il futuro del Paese, delle aziende e delle persone
In breve
La maggior parte delle aziende, secondo il report EY Seize the Change - Futuri Sostenibili, ha definito un piano industriale che comprende azioni significative in grado di portare considerevoli riduzioni di emissioni di CO2.
Le grandi aziende hanno un ruolo fondamentale: con le loro scelte possono essere un esempio virtuoso da seguire.
Energia e sostenibilità procedono da sempre di pari passo e gli obiettivi del 2030 e del 2050 hanno accelerato negli ultimi anni i cambiamenti, ma l'incertezza e la discontinuità dello scenario attuale suggeriscono alcuni interventi urgenti.
Un tema, quello della sostenibilità, che sta diventando sempre più strategico nell'agenda mondiale e tra le aziende del Paese, come evidenziato nel corso di EY Sustainability Summit, un incontro con gli imprenditori di diversi settori che si è tenuto a Milano lo scorso 5 maggio. Il dibattito ha preso spunto dall'analisi dei dati di EY Seize the Change – Futuri Sostenibili, lo studio che da oltre cinque anni analizza i più rilevanti trend di sviluppo sostenibili per le aziende italiane. Tra i dati più significativi dell'edizione 2022 del report:
Dunque, la sostenibilità, ambientale e sociale, non è più soltanto un “nice to have”, ma una leva di business per essere più competitivi nel medio-lungo periodo.
Non per nulla le aziende che hanno un approccio sostenibile nel proprio modello di business accrescono il proprio valore e i risultati si percepiscono anche a livello finanziario. Rispetto al breve periodo, però, le priorità emerse dalle riflessioni degli imprenditori sono diverse. Proprio in un momento in cui ci sarebbe la necessità di una spinta ulteriore sulla sostenibilità, specie dopo aver cominciato a superare la crisi legata alla pandemia, gli scenari geopolitici hanno creato nuove incertezze e ostacoli per le aziende, tra cui le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e i costi dell'energia. Proprio il rapporto tra scelte sostenibili a breve o a medio/lungo periodo è uno dei temi emersi nel corso del summit. D'altronde, la transizione ecologica è un percorso complesso e ambizioso per raggiungere i traguardi fissati dall'Agenda 2030 lo sforzo da fare è ancora notevole e comporta anche delle sfide. Basti pensare ai costi elevati della tecnologia per ridurre l'impatto ambientale della produzione industriale. Anche per questo appare necessario un approccio sempre più globale con una maggiore collaborazione tra diversi settori, con politiche e investimenti pubblici e privati specie su ricerca e start up innovative. Non di meno, potrebbero essere necessari anche ulteriori interventi normativi mirati. Per accelerare sulla sostenibilità, inoltre, da più parti è stata segnalata l'importanza del ruolo guida delle grandi aziende che con le loro scelte possono essere un esempio virtuoso da seguire.
Molte aziende stanno modificando i propri modelli di business anche come reazione proattiva alla delicata situazione attuale e non tanto come obiettivo a lungo termine. Quello che serve in molti casi è invece un cambiamento profondo a livello di mindset prima ancora che di approccio economico. Come si abilita questa trasformazione? Occorre una road map chiara e precisa incentrata su un approccio lungimirante che vada oltre il superamento del difficile momento attuale per puntare a creare valore a lungo termine. In quest'ottica emergono tre fattori chiave. Primo, l'impegno concreto della leadership nel voler cambiare e nell'infondere fiducia in questo cambiamento, specie considerando che in alcuni casi la trasformazione può essere dirompente nei confronti dei modelli di business sinora adottati. Secondo, la preparazione adeguata delle risorse aziendali a tutti i livelli. Terzo, la tecnologia, intesa anche come capacità di misurare in termini quantitativi la sostenibilità. La vera trasformazione è dunque prima di tutto culturale, un cambio di mentalità che abbia come obiettivo finale il benessere di tutti.
Energia e sostenibilità procedono da sempre di pari passo e gli obiettivi del 2030 e del 2050 hanno accelerato negli ultimi anni i cambiamenti, ma l'incertezza e la discontinuità dello scenario attuale suggeriscono alcuni interventi urgenti. Prima di tutto ridurre la dipendenza energetica dal gas e dal petrolio russo e in generale dalle fonti fossili, in favore di quelle rinnovabili. In questo senso risulta prioritario sbloccare il quadro normativo che frena gli investimenti in energie alternative e green. Resta il fatto che sganciarsi del tutto dalle fonti fossili ad oggi appare molto complesso e costoso. Una soluzione possibile è quella di produrre in maniera più sostenibile e pulita da gas e petrolio, un percorso intrapreso da più d'una oil company. Inoltre, appare importante per le aziende rilanciare il processo di analisi della propria carbon footprint comprendendo anche lo Scope 3, un efficientamento che andrà a coinvolgere tutta la catena di valore. Tra le soluzioni emerse durante il summit per un efficientamento del settore energetico vi sono quelle di rivedere la catena di fornitura in chiave quanto più possibile a km zero e di investire nell'autoproduzione di energia elettrica. Le attuali tecnologie infatti permettono l'installazione di microimpianti fotovoltaici, per esempio, nei condomini. Dunque, una produzione il più possibile nazionale o addirittura locale, accompagnata da una crescente attenzione per un consumo sostenibile che riduca gli sprechi. Un aiuto importante all'efficientamento del settore energetico può arrivare dalle tecnologie di ultima generazione come Machine Learning e Intelligenza Artificiale, che possono essere sfruttate per esempio per creare modelli previsionali sulla produzione ed ottimizzare le reti di distribuzione.
Il contesto attuale caratterizzato dagli effetti economici post pandemia, dall'inflazione e dalla delicata situazione geopolitica ha dato vita a quella potremmo definire una “sostenibilità indotta” ovvero determinata dall'esigenza di soddisfare dei bisogni primari che prima non erano presenti nella scala dei valori che muovevano gli imprenditori più illuminati o avanzati su questo tema (legati dunque alla scarsità di materie prime e di energia). Per affrontare questo nuovo scenario, secondo gli imprenditori intervenuti al Summit, una strada percorribile è quella di rilanciare un modello di economia circolare, per sganciarsi dalla dipendenza delle materie prime primarie in favore delle materie prime seconde, meglio ancora se non importate. Economia circolare significa anche sviluppo e impiego di materiali più sostenibili, come i monomateriali, che possono essere riciclati più facilmente. E qui entra in gioco il concetto di ecodesign ovvero progettare un prodotto tenendo presente come fare a riciclarlo e riutilizzarlo. Un cambio di direzione che deve riguardare anche i processi e l'intera filiera, che devono diventare più lineari e sostenibili. Questa “seconda ondata” di economia circolare deve spingere maggiormente sui prodotti: oggi non si può pensare di riciclare un prodotto senza mantenere o migliorare le sue performance. Parallelamente agli spunti emersi, cresce la necessità del superamento di limiti normativi che ad oggi penalizzano le aziende che incontrano difficoltà nell'attuazione dei processi di trasformazione dei rifiuti e degli scarti di produzione. L'obiettivo finale a livello normativo è quello di una nuova legislazione definitiva in materia di economia circolare.
A che punto sono le aziende italiane rispetto alla sostenibilità? Un quadro della situazione è stato tracciato nel corso dell'EY Sustainability Summit, un momento di confronto con gli imprenditori di diversi settori su temi prioritari per il futuro del Paese, delle aziende e delle persone.