L'anno che volge al termine sarà ricordato per la sua complessità, conseguenza di avvenimenti che hanno influenzato negativamente la situazione economica a livello globale e nazionale. Dalla fase di ripresa post pandemica, in cui diversi indicatori economici erano tornati positivi e facevano presagire a una decisa crescita, siamo stati catapultati nella crisi geopolitica legata al conflitto Russia-Ucraina, che ha complicato nuovamente lo scenario internazionale. In concreto, a livello macroeconomico come è stato il 2022? Cosa dobbiamo aspettarci per il nuovo anno? Per rispondere a questi interrogativi EY ha realizzato un nuovo prodotto, EY Italian Macroeconomic Bulletin, che si prefigge di approfondire lo scenario macroeconomico con cadenza trimestrale a partire dell'analisi del contesto attuale e di anticipare le dinamiche dei mesi successivi. Partendo dall'analisi delle principali variabili macroeconomiche, delle dinamiche internazionali e degli indicatori congiunturali, e sulla base di assunzioni su scenari globali e sulla politica fiscale e monetaria, l'analisi fornisce anche previsioni a medio termine per l'economia italiana. Le previsioni sono elaborate grazie ad un nuovo modello macroeconometrico proprietario di EY, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna. Ecco qualche anticipazione dei principali dati del report per il nostro Paese: la crescita attesa per il 2023 è dello 0,6% contro il 3,8% del 2022, il tasso d'inflazione l'anno prossimo dovrebbe scendere dall'8,2% al 7,1%, il deficit pubblico stimato passerebbe dal 5% al 4,1%, il tasso di disoccupazione si attesterebbe appena sotto l'8%.
L'attuale scenario globale
L'economia mondiale si trova in un periodo particolarmente delicato caratterizzato dalle incertezze emerse con la guerra in Ucraina le cui conseguenze si riflettono sui principali indicatori macroeconomici. A cominciare dal Prodotto Interno Lordo (PIL) reale mondiale, la cui stima di crescita per il 2023 si attesta all'1,3%, a fronte di una crescita del 3,1% nel 2022 e di una media dell'ultimo decennio del 2,7%. Ancora più preoccupante è il tasso di crescita dei prezzi, che nei Paesi OCSE registrano un aumento atteso nel 2022 del 9,4%, circa sei volte superiore alla media registrata nel periodo 2013-2019. Il peso di un'inflazione così elevata incide particolarmente sui costi di produzione delle imprese e porta alla riduzione del reddito reale delle famiglie, oltre a costringere le Banche centrali a politiche monetarie restrittive con conseguente rallentamento dell'attività economica.
Una delle sfide principali da affrontare a livello globale, che ha influito sulla dinamica dei prezzi, è quella delle tensioni sul mercato energetico, caratterizzato dal netto aumento dei prezzi delle materie prime, specie petrolio e gas naturale, che vengono presi come riferimento per i cambiamenti dei prezzi dell'energia. Si pensi che dall'inizio del 2019 a fine novembre 2022 il prezzo del petrolio è cresciuto del 54%, quello del gas naturale addirittura del 392%, nonostante una recente flessione dovuta alla diminuzione della domanda complessiva di gas, ma anche ad un piano di azioni coordinate a livello europeo per cercare di contrastare le fluttuazioni dei prezzi dell'energia, tra cui l'implementazione di price cap su gas e petrolio russo.
L'aumento generale dei prezzi è connesso anche alle problematiche lungo le catene del valore che hanno caratterizzato l'economia mondiale durante la fase acuta della pandemia, e che hanno creato delle strozzature nella supply chain, specie riguardo ad alcuni materiali e componenti fondamentali per la produzione, si pensi agli input elettronici. Tali problematiche risultano negli ultimi mesi in parziale diminuzione grazie, ad esempio, alla riduzione dei tempi di consegna delle merci, alla minore congestione delle attività portuali e allo smaltimento degli ordini arretrati.
Il ruolo della politica monetaria
La grande incertezza economica e il considerevole aumento dei prezzi hanno avuto come prima conseguenza un deciso cambio di rotta nella politica monetaria delle maggiori banche centrali, il cui primo effetto è stato l'aumento del tasso di interesse di riferimento, ovvero, per quanto riguarda l'Area Euro, il tasso al quale la BCE presta denaro alle Banche che operano nell'Unione monetaria. L'aumento del tasso di riferimento rende più onerosi gli investimenti per le imprese e influenza la domanda di beni e servizi da parte dei consumatori, rallentando l'attività economica. A tutto ciò si aggiungono una forte incertezza economica e il termine di alcuni programmi di acquisto di titoli da parte della BCE, con il conseguente aumento dei tassi di interesse pagati sul debito pubblico, come evidenziato dall'analisi del rendimento dei titoli di stato italiani a 10 anni. L'aumento registrato avrà in futuro un impatto sulle emissioni di debito pubblico con una maggiore pressione sulle finanze dello stato e sulla sostenibilità del debito stesso, che in Italia si attesta a un valore attorno al 150% del PIL.
La situazione europea e italiana
Analizzando gli indicatori macroeconomici del nostro Paese, in particolare l'indice dei prezzi al consumo, risulta che circa la metà dell'inflazione complessiva, che a novembre 2022 si attesta all'11,8% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, è dovuta all'aumento dei prezzi dell'energia. La situazione non è particolarmente migliore negli altri grandi Paesi europei: a novembre 2022 l'inflazione in Germania è al 10%, in Spagna al 6,8%, in Francia al 6,2%. Con riferimento all'indice dei prezzi alla produzione, negli ultimi mesi si segnala una diminuzione, lasciando presagire una possibile riduzione dell'inflazione al consumo. Riguardo invece al peso delle singole componenti sull'andamento dell'indice dei prezzi al consumo, i dati del report evidenziano come nonostante la componente energetica sia quella che ha registrato l'aumento maggiore, questa abbia un peso pari a circa il 10% del totale, motivo per il quale tali dinamiche si riflettano solo in parte sull'IPC. Nella definizione del paniere dell'IPC e quindi nella definizione del tasso di inflazione, influisce molto di più il settore servizi (per il 38,7% al 2022) rispetto a quello dell'energia. Un altro indicatore influenzato da un'elevata inflazione è la crescita del valore nominale dei salari che dovrebbero aumentare in modo da poter contrastare la riduzione del potere d'acquisto dei consumatori, rischiando di innescare ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi.